di Caryl Churchill traduzione Laura Caretti e Margaret Rose un progetto de lacasadargilla regia: Lisa Ferlazzo Natoli con Tania Garribba, Fortunato Leccese, Alice Palazzi, Francesco Villano* suoni ambienti e spazio scenico Alessandro Ferroni luci Omar Scala paesaggi visivi Maddalena Parise costumi Camilla Carè aiuto regia Flavio Murialdi foto di scena Sveva Bellucci comunicazione Margherita Masè una produzione Teatro Vascello La Fabbrica dell’attore e lacasadargilla con il supporto di Theatron Produzioni con il sostegno di Bluemotion **la realizzazione de L’amore del cuore presso il Coronet Theathre di Londra si realizza grazie al sostegno di Istituto Italiano di Cultura a Londra e alla collaborazione con Piccolo Teatro di Milano - Teatro d’Europa
Di cosa tratta L’amore del cuore? L’argomento, la storia sono in qualche modo secondari, perché l’intenzione principale di Churchill è di distruggere il testo stesso, usandolo per smontare i meccanismi del teatro, della realtà e delle relazioni che all’interno di questa realtà si costruiscono moltiplicando abitudini, rimossi e abissi. Certo c’è un filo narrativo, una piccola storia familiare, punteggiata da fatti e incidenti non esplicitamente legati tra loro, ma percorsi tutti da una stessa preziosa inquietudine, in cui l’ordinaria perversità dell’istituzione familiare e dei suoi meccanismi relazionali e sociali è letteralmente ‘gettata in scena’, per spingersi fino a quella esplosione della parola, del linguaggio, del sistema di segni attraverso la cui mediazione diamo senso al mondo.
Dunque in L’amore del cuore – che è anche solo un grande testo sull’attesa – c’è una famiglia – i genitori Alice e Brian, la zia Maisie, il figlio Lewis – che aspetta il ritorno dall’Australia della sorella maggiore Susy. Mentre quest’attesa accade (l’arrivo di Susy sembra realizzarsi tre volte e dunque forse nessuna è vera) emergono (ma saranno veri?) inquietanti ricordi del passato: una relazione adulterina di Alice, un misterioso cadavere in giardino. E si svelano tensioni irrisolte: il rapporto dei genitori con il figlio, le paure notturne di Maisie, gli accenni a una possibile pulsione incestuosa di Brian per la figlia, il suo desiderio auto-cannibalistico confessato in un crescendo angoscioso e orgasmatico.
Un singolare testo sull’attesa, una storia familiare, punteggiata da fatti e incidenti non esplicitamente legati tra loro, ma percorsi tutti da una stessa preziosa inquietudine, in cui l’ordinaria perversità dell’istituzione familiare è letteralmente ‘gettata in scena’, per spingersi fino a un vero e proprio sabotaggio – della parola, del linguaggio, del teatro stesso e del sistema di segni attraverso la cui mediazione diamo senso al mondo.
Scrittura, quella di Caryl Churchill, che – come un vaso di Pandora – è piena di affascinanti trabocchetti drammaturgici, d’invenzioni e sperimentazioni sul filo della lingua e dell’azione, sotto cui sono disseminati i temi, la messa in scena della realtà, la frattura tra questo rappresentare e il rappresentarsi – come società o come uomini – rincorrendo quella cosa chiamata verità.
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L’attrice cui sarà chiesto di fare l’amica di Susy sarà scelta di volta in volta nelle diverse repliche.